La settimana lavorativa di quattro giorni sembrava quasi un progetto mitologico. Complice la pandemia e l’evoluzione dei bisogni invece il futuro è già qui.

Ma per capire meglio come la settimana corta possa influire sulla vita personale e professionale delle persone (e anche sulla produttività delle aziende) è stato lanciato un progetto pilota.

Un esperimento che coinvolge per la prima volta un numero molto alto di lavoratori e che potrebbe essere il primo step per superare il concetto di settimana lavorativa. 

Qui ti spieghiamo cos’è il grande esperimento della 4 day week campaign e quali sono le sue prospettive.

 

Cos’è la 4 day week campaign

 

È un progetto pilota partito il 6 giugno dal Regno Unito e promosso dal thinktank Autonomy e dalla Ong 4 Day Week Global. Per la durata di sei mesi, circa 3300 lavoratori di oltre 70 imprese, provenienti da diversi settori e di diverse grandezze, lavoreranno quattro giorni a settimana, mantenendo lo stesso stipendio di sempre.

L’obiettivo è quello di testare l’effetto della settimana lavorativa di quattro giorni sulla produttività. A monitorare i risultati di questo esperimento saranno le Università di Oxford, Cambridge e il Boston College.

 

Lavorare meno per lavorare meglio?

 

In poche parole ai lavoratori è stato chiesto di mantenere la produttività al 100% lavorando però un giorno in meno a settimana, mantenendo però lo stesso stipendio.

Un esperimento simile era stato già condotto in Islanda a Reykjavik fra il 2015 e il 2016: coinvolse 2500 dipendenti che lavorarono per 4 giorni alla settimana. Fra i risultati di questo primo progetto ci furono una evidente riduzione dei livelli di stress, mentre la produttività rimase invariata.

Per questo oggi l’86% dei lavoratori islandesi lavora 4 giorni a settimana.

Quello avviato il 6 giugno in Gran Bretagna è però, ad oggi, l’esperimento di questo tipo più grande mai condotto. Anche se sembrano pronti a replicare il progetto anche altri paesi, con il sostegno dei Governi, come Spagna Usa, Nuova Zelanda, Irlanda e Australia.

 

Nuovi Bisogni del People Management

 

In realtà già i primi risultati dell’esperimento hanno evidenziato alcuni aspetti che riguardano sia i lavoratori che le aziende. Secondo gli organizzatori le imprese che hanno scelto di sperimentare la settimana corta e di incentrare il lavoro sui risultati sono più COMPETITIVE rispetto alle altre.

Molte aziende hanno già potuto constatare il morale del team che migliora e si aspettano anche un aumento di produttività e coinvolgimento.

Tutto questo risponde a nuovi bisogni che certamente la pandemia ha evidenziato e ha fatto venire fuori in maniera più potente. Il fenomeno della Great Resegnation lo dimostra.

Non passa giorno senza un titolo da prima pagina su qualche ristoratore, e non solo, che non riesce a trovare lavoratori. A questo proposito gli organizzatori della 4 day week campaign sottolineano che non è un caso che i settori più in difficoltà nel trovare personale siano proprio quelli che pagavano meno e avevano orari più lunghi.

 

La questione culturale

 

Il futuro del lavoro non è certo quello di qualche anno fa. Ma le aziende stanno davvero abbracciando questo cambiamento? In realtà la mentalità è difficile da cambiare, è un processo molto lungo.

Le aziende sono in difficoltà perché vedono scivolare via talenti su cui hanno investito tempo e soldi. E trovano molte difficoltà anche ad ingaggiarne di nuovi, a stare al passo con la competitività che si è creata sul mercato.

I lavoratori, da parte loro, cercano soprattutto un migliore bilanciamento fra vita privata e lavoro. Un benessere individuale, più tempo per i propri interessi, le proprie persone e i propri spazi.

La maggior parte delle aziende però non sembra ancora pronte ad accogliere il cambiamento e questo le penalizzerà in termini di sviluppo e investimento.

 

Change management

 

Ecco che diventa centrale cercare un modo per far entrare il cambiamento nelle aziende senza sconvolgere gli assetti. Come fare?

La risposta è cambiare mentalità e costruire un buon processo di Change Management. Ne abbiamo parlato qui.

 

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