Lo spazio lavorativo del futuro è in continua evoluzione. E una certezza esiste: non sarà quello a cui eravamo abituati e non avrà le stesse caratteristiche.

Un luogo in cui le organizzazioni saranno riuscite ad abbracciare l’umanizzazione del digitale e i vantaggi dell’IA, dove l’organizzazione promuoverà un equilibrio tra vita privata e lavoro riuscendo a far combaciare i bisogni di ogni persona con quelli della comunità aziendale.

In questo senso uno dei campi principali su cui si sta giocando il futuro delle HR è quello fra remote working e lavoro in presenza. Ma adesso che sono ricominciati i viaggi, a risentire di questi cambiamento c’è anche il remote working internazionale e le trasferte internazionali.

La survey di AON

Secondo l’International Mobility Survey 2022 di Aon (gruppo leader nella consulenza dei rischi e delle risorse umane e nell’intermediazione assicurativa) siamo diventati tutti più preoccupati riguardo la nostra sicurezza, e le aziende non sono da meno.

Una delle conseguenze principali di questo sentimento diffuso è un taglio alla necessità di spostarsi a livello internazionale.

Secondo la survey di AON, condotta su 200 grandi aziende italiane, il 75% dei datori di lavoro è preoccupato per la sicurezza intesa come rischi medico-sanitari, terrorismo, sconvolgimenti sociali e politici e non ultimi disastri climatici. Contestualmente, il 60% delle imprese è preoccupato per il benessere dei propri collaboratori.

La nuova norma di Travel Risk Management

Per questo muovere i dipendenti della propria azienda sembra essere diventato sempre meno sicuro. Da qui una riconsiderazione, da parte delle aziende, delle trasferte internazionali.

Servono? Se ne può fare a meno?

Sicuramente analizzare meglio gli eventuali pericoli o conseguenze delle trasferte rientra nel nuovo piano standard ISO 31030 europeo: una norma che detta le linee guida per la gestione dei rischi di viaggio. La novità introdotta è una gestione proattiva e standardizzata del processo di Travel Risk Management. È necessaria una preventiva individuazione e valutazione dei rischi e delle opportune misure da adottare, con l’obiettivo di realizzare trasferte in sicurezza per i propri dipendenti.

 

I numeri dell’international remote working

Tutto questo si traduce in un 60% di aziende che hanno accolto l’opzione del lavoro da remoto internazionale. Una scelta che però si porta dietro alcuni problemi la compliance (54,6%), la previdenza sociale (51,5%) e le tasse (49,5%). Molte delle organizzazioni che adottano il lavoro da remoto internazionale non hanno linee guida specifiche su questi temi.

Intanto molte figure sono tornate a viaggiare, ma con moderazione. Nel 2021 gli impiegati nelle vendite (66%) e il management (65%) hanno ricominciato a viaggiare per lavoro. Questi numeri però non sembrano destinati a crescere nell’immediato futuro. Per le grandi organizzazioni è diventato sempre meno appetibile mandare i propri collaboratori in giro per il mondo e quindi, sempre di più, sceglieranno il remote working? Oppure è solo un momento transitorio?

 

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