Le aziende non riescono a trattenere e attirare nuovi talenti, non raggiungono le performance e diventano meno attrattive. La soluzione c’è e si chiama MOTIVAZIONE.
I tuoi dipendenti si sono licenziati da un giorno all’altro? I tuoi collaboratori stanno lavorando il minimo indispensabile? Le persone all’interno della tua azienda hanno lasciato il posto di lavoro per cercare condizioni migliori?
La verità è che ti stai perdendo un pezzo per strada: la motivazione.
Tutti sanno cosa non devi fare, ma pochi sanno quello che bisogna fare e l’ansia dilaga. In questo momento, come tutti i momenti di crisi, la motivazione delle persone non è al massimo. Tutto sta andando avanti ma lo stile del management resta lo stesso.
Cosa sta succedendo?
Le aziende non riescono più a mantenersi le persone e a motivare chi rimane in azienda. Rimangono quelli che hanno una certa età, quelli che magari si impegnano ma sono limitati, perché non hanno conoscenze digitali, non hanno nuove competenze e fanno fatica a reskillarsi. In questo modo l’azienda entra in un circolo vizioso: meno gestisci bene i talenti e la loro motivazione, più si stancano e se ne vanno e più l’azienda non raggiunge le performance prestabilite. Meno raggiunge le performance e meno diventa attrattiva. E il circolo vizioso continua a mietere vittime.
Esistono due fenomeni che devi conoscere bene e che rispondono alla domanda: perché dovrei investire in processi che incrementano la MOTIVAZIONE dei miei collaboratori?
Il Quiet Quitting: le persone stanno abbandonando le loro mansioni
Le persone che non si sentono motivate o abbastanza ingaggiate nei progetti che le coinvolgono tendono a porre limiti ben precisi alle proprie mansioni. Paletti che i manager devono rispettare affinché il lavoro non diventi il “centro” di tutto.
Il quiet quitting (letteralmente “abbandono silenzioso”) descrive proprio questo fenomeno. Non è solo un problema di dimissioni dal lavoro, quanto un concetto più generale. L’obiettivo è cercare quel “centro di gravità” che unisca benessere, motivazione e performance. Secondo il nuovo report della società di analisi Gallup (condotto su 150mila persone in 160 paesi) il 60% di lavoratori vive il proprio impiego con distacco totale, il 19% si dice infelice.
YOLO economy: le persone si licenziano
Si vive una volta sola (You Only Live Once). E’ questo l’acronimo che sembra mettere d’accordo i lavoratori Millennials e Gen Z. Un trend che porta i lavoratori a lasciare impieghi sicuri per attività forse meno redditizie ma sicuramente più stimolanti che mettano al centro bisogni e aspirazioni.
L’Italia è l’ultimo tra i Paesi dell’Unione Europea per grado di soddisfazione lavorativa. Come se ciò non bastasse, il 2021 che ci siamo appena lasciati alle spalle, è passato alla storia come l’anno della Great Resignation: quasi 2 milioni d’italiani hanno infatti detto addio ad un contratto. Un trend confermato anche in questo primo semestre 2022: sono altre 700mila le persone che hanno fatto lo stesso.
In questi meccanismi è chiaro che la motivazione è ai minimi storici e i talenti lasciano le aziende.
La parola segreta è MOTIVAZIONE
Per spezzare questo circolo vizioso c’è solo una parola d’ordine: motivazione.
Se non sai gestire e valorizzare le persone intorno a te, queste perderanno in motivazione, si stancheranno e molto probabilmente lasceranno la tua azienda alla ricerca di condizioni migliori. La performance richiesta e gli obiettivi non saranno raggiunti e la tua azienda diventerà ancora meno attrattiva. Sembra impossibile invertire la rotta? Niente affatto. Spezzare questo circolo vizioso è più semplice di quanto non sembri.
I fattori chiave
Per aumentare la motivazione bisogna puntare sui fattori giusti, abbandonando i vecchi tipi di management.
I fattori motivanti sono i fattori endogeni, ovvero intrinseci al lavoro. Facciamo un esempio: la tua mansione ti permette di sentirti libero, di esprimere la tua creatività, di vedere e interagire con altre persone? Oppure è un lavoro routinario dove tutto ciò che ti si richiede è incasellare numeri nel modo giusto?
Insoddisfazione VS Motivazione
Herzberg ci aveva visto lungo. Lo psicologo statunitense nel 1959 comprese che esistono due tipi di fattori che determinano se un lavoratore può dirsi insoddisfatto o soddisfatto.
I fattori di insoddisfazione sono i fattori igienici: retribuzione, condizioni del posto di lavoro, condizioni lavorative… Tutte cose che vanno soddisfatte ma che non migliorano la motivazione dei dipendenti.
Molti manager invece credono ancora oggi che ridurre l’insoddisfazione significhi aumentare la motivazione. Ma non è così.
Soddisfazione = Motivazione
I fattori di soddisfazione sono invece quelli motivanti: ovvero tutti quelli che appagano bisogni “superiori” a quelli igienici. Non soddisfare questi bisogni significa rendere il tuo collaboratore insoddisfatto. Qualche esempio? Permettere una crescita professionale, di conoscenze e competenze. Prevedere un avanzamento di carriera. Riconoscere i risultati raggiunti tramite un feedback continuo
Investi nel miglioramento continuo
Una delle chiavi per motivare le persone è investire nel miglioramento continuo. Che vuol dire anche prendere decisioni e investire sul potenziamento delle persone dell’organizzazione. Quest’ottica di improvement può riguardare qualsiasi livello o tipo di organizzazione.
È un processo che deve sapersi realizzare anche nelle relazioni sul posto di lavoro: che siano con un superiore, con un dipendente o con un collega. Questi processi portano a un potenziamento della motivazione.
Per la maggior parte delle organizzazioni non è né facile né naturale mettere in atto un processo di miglioramento continuo. Questo perché le revisioni di follow-up vengono eseguite da una minoranza delle aziende. Eppure per migliorare i processi produttivi, i risultati, i nostri rapporti di lavoro, la soluzione è semplice: mettere in atto un debriefing post-lavoro.
Quindi cosa devi fare? Le 3 macro-aree
I fattori che aumentano la motivazione sono raggruppabili in tre macro categorie: Mastery, Autonomy, Purpose. Solo così l’organizzazione lavorativa sarà chiara e permetterà di lavorare per obiettivi a tutti i tuoi dipendenti, non solo ai top manager.
- La mastery è la padronanza. Devi sentire che le tue competenze migliorano continuamente: questo significa non solo riuscire a svolgere la tua mansione, ma riuscire a svolgerla sempre meglio, proprio perché è la tua competenza che che aumenta.
- L’autonomy è l’autonomia. Devi cioè avere la percezione di poter essere autonomo, cioè in grado di svolgere le tue mansioni da solo. Non subito magari, però nel tempo devi avere la percezione che tu sia in grado di svolgere il tuo compito in piena autonomia. Il che significa anche avere la libertà di decidere che strada seguire per raggiungere il tuo obiettivo, decidendo se applicare la tua creatività.
- Purpose è lo scopo. Vuol dire lavorare per obiettivi. Se sei un manager significa che devi avere la capacità di dare senso alle cose, ai collaboratori: non solamente dando delle attività da fare, ma disegnando un quadro più ampio.
Un quadro all’interno del quale il collaboratore si muove (che sia un top manager o un operaio).
Se ci sono queste tre caratteristiche, sostanzialmente il tuo soggetto sarà motivato. Ma per fare questo devi essere disposto a cambiare stile di leadership: dando feedback sempre più continui. Tanto più in un momento come quello attuale in cui il World Economic Forum ci dice che le prime 5 competenze più importanti da qui al 2025 sono tutte competenze legate al miglioramento continuo e all’innovazione.
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